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SAN BENEDETTO DA NORCIA
 
 

In un’Europa “alla ricerca della propria identità”, solo la “linfa vitale” delle “radici cristiane” può assicurare “un’unità nuova e duratura”, che superi gli orizzonti semplicemente economici e politici. Lo ha detto il Papa nel’udienza generale di mercoledì 9 aprile 2008, dedicata alla figura di san Benedetto e alla perenne attualità della sua Regola, apportatrice di “un autentico fermento spirituale che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, creando dopo la caduta dell’unità politica una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente”.

Secondo Benedetto XVI, la regola benedettina “offre indicazioni utili non solo ai monaci, ma anche a tutti coloro che cercano una guida nel loro cammino verso Dio. Per la sua misura, la sua umanità e il suo sobrio discernimento tra l’essenziale e il secondario nella vita spirituale, essa ha potuto mantenere la sua forza illuminante fino ad oggi”. Di qui la perenne validità dell’”opera meravigliosa” svolta da san Benedetto e dalla sua Regola “per la formazione della civiltà e della cultura europea”, riconosciuta da Paolo VI, che lo ha proclamato il 24 ottobre del 1964 Patrono d’Europa.

Come scrive nei “Dialoghi” san Gregorio Magno, san Benedetto è stato “un uomo concreto” che ha illustrato che “l’ascesa alle vette della contemplazione può essere realizzata da chi si abbandona completamente a Dio”.

San Benedetto nacque intorno al 480 in una famiglia benestante, che lo mandò a studiare a Roma. Disgustato dalla dissolutezza dei suoi compagni, Benedetto decise poi di ritirarsi nella solitudine dei monti ad est della città.

Dopo essersi associato per un periodo a una comunità religiosa di monaci, ha ricordato il Papa, scelse l'eremitaggio a Subiaco, dove visse per tre anni completamente solo in una grotta che, a partire dall’Alto Medioevo, costituisce il “cuore” di un monastero benedettino chiamato “Sacro Speco”.

Nel 529 si trasferì a Montecassino, perché, come sottolinea Gregorio Magno, “la vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza di vita”.

“Di fatto – ha commentato il Pontefice –, quando, il 21 marzo 547, Benedetto concluse la sua vita terrena, lasciò con la sua Regola e con la famiglia benedettina da lui fondata un patrimonio che ha portato nei secoli trascorsi e porta tuttora frutto in tutto il mondo”.

Infatti, la Regola dettata da San Benedetto ai suoi seguaci continua a offrire “indicazioni utili non solo ai monaci, ma anche a tutti coloro che cercano una guida nel loro cammino verso Dio”.

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