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Matisse e la Cappella del Rosario di Vence
 
 

Henri Matisse dinanzi all'oggettività del cristianesimo:

la Cappella delle domenicane

di Vence

di d.Andrea Lonardo (www.santamelania.it)

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Henri Matisse, insieme a Picasso, è stato il pittore che più ha lasciato il segno nell’arte del secolo scorso. Il pittore de La joie de vivre, alla fine della sua vita trovò la felicità nel dipingere gli interni di una chiesa.

 

Matisse e la Cappella del Rosario di Vence

 

"Non mi ringraziate, non ne ho il diritto, io non ho fatto che il mio dovere: io sono stato forzato a fare questo, sono stato spinto". E i suoi occhi si riempirono di lacrime. Così ci viene descritta la reazione del maestro francese Henri Matisse, quando, all'età di 82 anni, terminò la costruzione della cappella di Vence.

 

Henri Matisse lavorò per 5 anni alla cappella del convento delle suore domenicane di Vence, un piccolo paese nell'entroterra di Cannes. Fu suor Jacques-Marie, che il pittore malato aveva conosciuto nell'ospedale di Lione, a proporre di affidare a lui il progetto dell'opera e a metterlo in contatto con i due padri domenicani (p.Rayssiguier e p.Couturier) che saranno i consulenti dell'opera.

 

Picasso criticò molto il fatto che il maestro francese, suo amico, avesse accettato l'incarico. "Picasso era furioso che facessi una chiesa - Perché non fate piuttosto un mercato? Potreste appendervi dei frutti, dei legumi. - Ma non me ne importa nulla: ho dei verdi più verdi che le pere e degli arancioni più arancioni delle zucche". Matisse si appassionò al lavoro e volle che tutti i particolari non solo della cappella, ma anche degli arredi e addirittura degli abiti liturgici, fossero elaborati unitariamente. Fu perciò lui stesso a disegnare, oltre l'architettura e la decorazione, anche il confessionale, le acquasantiere, i portacandele dell'altare, il Tabernacolo, il leggio e le casule del sacerdote celebrante, con i vari colori dei tempi liturgici.

 

Al centro del suo pensiero è l'obiettivo: "L 'interesse è certamente di donare, attraverso una superficie molto limitata, l'idea dell'immensità... E' una cappella di un convento e, malgrado tutto, le ho donato, mi sembra,

l 'idea di una immensità che tocca lo spirito e anche i sensi. Il ruolo della pittura, credo, il compito della pittura decorativa è di ingrandire le superfici, di fare in modo che non si avvertano più le dimensioni dei muri". La leggerezza deve conquistare chi entra nella cappella: "Bisognava decorare l'altare in modo leggero... Questa leggerezza dà il sentimento di liberazione, di affrancamento, così che la mia cappella non è: Fratelli bisogna morire. È, al contrario: Fratelli, bisogna vivere".

 

Il confronto con le grandi opere dell'arte del passato gli dà il senso delle misure, ma non lo spaventa: "Uscendo da Notre-Dame mi sono detto: Eh bene! Di fronte a tutto questo cos'è la mia cappella?... E' un fiore. Non è che un fiore, ma è un fiore".

 

La casula per i funerali, dipinta da Matisse, è nera con scritte bianche. Così i ricordi dei consulenti al momento di disegnarla: "Parliamo della casula nera: gli dico che non è una casula triste, ma una casula di resurrezione. Mi risponde: È questo di cui c 'è bisogno, non è vero? La morte non è la fine di tutto, è una porta che si apre. Immediatamente i suoi occhi si riempirono di lacrime".