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MA CHI E' IL PRETE?
 
 

Una volta, quando ero coi giovani in oratorio, se si parlava del lavoro, della casa, delle difficoltà della vita, io dicevo ai giovani:

 

“Veramente, io un suggerimento lo avrei, per risolvere questi vostri problemi: se volete essere sicuri di avere sempre un lavoro, se volete avere la casa gratis, se volete avere sempre almeno un piatto di minestra …. fatevi PRETI! Il lavoro non vi mancherà di certo”.

 

Evidentemente questa pubblicità scherzosa non ha mai fatto centro sui miei ascoltatori: perché capivano che ben altro era il “destino” del prete, che non avere una “buona sistemazione” per la vita.

 

Ma chi è il prete?

 

Beh, chi è il prete io non lo so: so perché mi sono fatto prete io.

L’ho raccontato a tante persone e tante volte: ero un ragazzo di 17-18 anni, come tanti. Andavo a scuola - liceo classico - avevo il mio carattere più o meno felice, una famiglia buona e tranquilla, quattro fratelli, il papà artigiano, la mamma - beh, con cinque figli…

Andavo all’oratorio, a calcio non riuscivo, ma a pallavolo ero buono, soprattutto sotto rete.

Di diverso, forse, c’era che mi piaceva tantissimo “fare la Comunione tutti i giorni”, e perciò andavo a Messa tutti i giorni, anche d’estate, senza che nessun prete o genitore me l’avesse detto.

Ricevuto Gesù nell’ostia santa, tornavo al posto, mi prendevo la testa tra le mani e mi isolavo da tutti per ragionare/parlare/dialogare con Gesù. Gli dicevo tutto, ragionavo con lui, gli chiedevo tutto quello che mi serviva.

Al pomeriggio tornavo in chiesa una mezzoretta: mi mettevo nella prima panca, guardavo fisso il tabernacolo: era là. E ancora a ragionare, a discutere. A parlargli.

Mi aiutava il Vangelo che leggevo, sottolineandolo come facevo a scuola con i libri che volevo imparare bene; leg-gevo la vita di alcuni Santi (già allora mi piaceva don Bosco; ma anche Francesco d’Assisi; e Domenico Savio….)

Mezzoretta.

Poi tornavo a casa a studiare e a lavorare un po’ in laboratorio di mio padre: realizzava salotti, poltrone…

Mi devo fermare dal raccontare, perché la pagina su cui scrivo non è lunga … 40 volte, come i miei anni di prete: e sono solo alla “premessa”….

 

Per concludere con l’Introduzione, dirò che nella mia vita ero un ragazzo abbastanza studioso, un caratterino un po’ “acceso”, mi piaceva andare in bicicletta ed in montagna, in Oratorio a fare l’animatore, ero innamorato di una ragazza della mia età (ma alla maniera degli anni ’60)…

Di diverso? Mah! forse questo amore tutto particolare all’Eucaristia e, sì, anche questo, una vita pura sessualmente, senza compromessi. Forse a Dio gli sono piaciuto così…

E mi ha innamorato di sé.

Leggevo il Vangelo e mi dicevo: “Ma chi, a questo mondo, parla così? E poi: io vorrei l’INFINITO… e le donne sono belle e brave più di me, ma sono anche loro limitate come me, con i loro pregi ed i loro difetti....

Imparavo a guardare e a desiderare l’infinito. Solo Dio mi bastava….

Posso dirlo - e credo che molti lo diranno con me -: ne è valsa la pena.

Sì, vale la pena amare Dio come TUTTO. In Lui non ti manca niente.

E quando incontri la gente - in Lui - vale la pena…. Veramente.

 

don Ambrogio