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Home Page - "PADRI" e "DOTTORI" della CHIESA - TERESA D'AVILA
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Comunicarsi le esperienze
 
 

Talora si sente la critica verso l'abitudine, che ad alcuni sembra buona,di scambiarsi le esperienze cristiane che Dio dà di vivere; sembra che questo modo di stare insieme tra cristiani sia antievangelico ("Non sappia la sinistra quello che fa la destra") e contro l'umiltà  (perché vantarsi dei propri meriti); oppure che sia troppo fanciullesco (le problematiche dove le lasciate?).                    

L'esperienza fatta da alcuni cristiani e gruppi cristiani dimostra invece che, purché non ci sia autocompiacimento, questo modo di fare incontri, stare insieme, è molto utile.                         

Anche S. Teresa d'Avila, grande santa riconosciuta "dottore della Chiesa" (cioè “maestra” nell'insegnare la dottrina cristiana) la pensa­va in modo positivo. Sentiamola.

 

Se anche nel mondo si cercano conversazioni e affetti non sempre inappuntabili; se anche là si ama procurarsi amici per meglio ricrearsi e godere di più con il racconto vicendevole dei propri vani piaceri, non vedo perché si debba proibire a chi comincia seriamente ad amare e servire Dio di confidare a qualcuno le sue gioie e i suoi travagli, patrimonio  naturale di chi si dedica all'orazione.

Non abbia paura di vanagloria se sincera è l'amicizia che egli desidera con Dio, ma ne esca subito con merito soffocandone i moti. E così, con questa retta intenzione, gioverà a sé e agli altri, ne avrà maggior esperienza e, senza volerlo, sarà d'insegnamento ai suoi amici.

 

Chi sentisse vanagloria per queste pie conversazioni, la sentirebbe pur nell'ascoltare devotamente la Messa innanzi agli altri e nella pratica di quelle altre cose che non si possono tralasciare sotto pena di non essere cristiani e che non si devono certo lasciare per paura di vanagloria.

Questo punto è di così grande importanza per le anime non ancora salde in virtù che io non so come degnamente encomiarlo, tanto più che esse han forse da combattere contro molti nemici e perfino amici che stan loro d'attorno per sospingerle al male.

 

Il demonio vede tanto di malocchio queste conversazioni che per impedirle tira fuori il tranello della vanagloria, e induce a nascondere le proprie intenzioni di darsi sul serio all'amore e al servizio di Dio, mentre che in circostanze opposte fa di tutto perché si divulghino certe affezioni disoneste e le offese che si fanno al Signore mostrandole come cose ormai di uso e perfino richieste dalle regole di buona società.

 

Si va innanzi così negligentemente nelle cose di Dio che i buoni, se vogliono progredire, bisogna che si sostengano a vicenda. E' divenuto oggi così naturale immergersi nella vanità e nei piaceri del mondo che ben pochi se ne fanno meraviglia, mentre se uno comincia a servire il Signore, moltissimi si alzano a mormorare.

 

Perciò, bisogna farsi compagnia e difendersi, sino ad acquistare tanta forza da non temere alcun assalto; altrimenti si sarà tutti in pericolo. E' una specie di umiltà non fidarsi di sé e credere che il Signora ci aiuterà mediante la compagnia dei buoni. Nella comunanza che ne deriva, la carità getta profonde radici, senza poi dire degli altri innumerevoli beni che non oserei ricordare se una lunga esperienza non me li avesse fatti conoscere.   Vero è che fra tutti, i nati di donna io sono la più miserabile e vile, ma dico cha anche i più forti non avranno nulla da perdere se, diffidando di sé, si umilieranno alla pratica di quanto ho detto, prestando fede a chi ne ha esperienza.

 

Di me posso dire che se il Signore non mi avesse fatto comprendere questa verità e dato modo di trattare familiarmente con persone di orazione, con quel mio intreccio di cadute e pentimenti avrei finito col precipitare nell'inferno, perché nel cadere avevo l'aiuto di molti amici, mentre nel rialzarmi mi trovavo così sola da farmi stupire se non son rimasta sempre per terra.

 

(Teresa d'Avila, Autobiografìa, cap. 7)