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ESSERE AMICI NEL BISOGNO D'AMORE
 
 

L’ARCA  NEL  MONDO.  

La nostra storia

 

"L'Arca è nata nel 1964 quando Jean Vanier e P. Thomas Philippe, rispondendo ad una chiamata di Dio, proposero a Raphael Simi e Philippe Seux, due uomini con un handicap mentale, di andare a condividere la loro vita nello spirito del Vangelo e delle Beatitudini annunciata da Gesù. 

 

A partire da questa prima comunità nata in Francia nella tradizione cattolica, furono create molte altre comunità in contesti religiosi e culturali diversi.

  

"Quando sono venuto con Raphael e Philippe a vivere a Trosly Breuil nel 1964, sentivo che compivo un gesto irreversibile, ma non avevo idea alcuna di ciò che sarebbe avvenuto in seguito.  Non immaginavo che l'Arca si sarebbe ingrandita, che sarebbe sorta in molti paesi, sposato culture così diverse. Dio ha voluto fare dell'Arca, al di là di tutti i condizionamenti, i pregiudizi, di tutte le paure e le diversità una famiglia di poveri, che testimonia che il solo modo per realizzare l'unità e la pace è di riconoscere il nostro bisogno dell'altro".  

 

Con che cosa hai costruito l'Arca?  

"Ciò che caratterizza gli inizi dell'Arca è la povertà: la casa era povera, senza bagni, c'era un rubinetto e una stufa a legna".  

 

Perchè hai chiamato il tuo sogno "Arca"?   

"L'Arca di Noè è la barca della salvezza, è la prima alleanza tra Dio e l'umanità, e Maria è sempre stata cantata dai padri della Chiesa come Arca dell'alleanza. 

 

Come è cresciuta l'"Arca"?   

"Nel 1965 mi hanno chiesto di assumere la direzione dell'Istituto Val Fleuri (Trosly) dove vivevano 32 uomini con handicap mentale. L'Arca non era più soltanto una piccola comunità profetica, ma con il Val Fleuri Dio ha voluto aggiungere un'altra dimensione.  Egli ha mostrato che l'Arca non doveva essere soltanto una comunità marginale e profetica, ma che doveva anche radicarsi nelle strutture dello stato.  Con il Val Fleuri l'espansione dell'Arca è stata rapida. Sotto certi aspetti mi sentivo sopraffatto dal numero e dalla situazione degli uomini che vi abitavano. Alcuni di questi uomini avevano bisogno di lasciare il grande gruppo rumoroso per una casa più famigliare. Con l'arrivo di molte persone prove-nienti da diversi Paesi all'Arca di Trosly, è nato l'interesse e il desiderio di aprire nuove comunità nelle realtà di provenienza e così nel 1969 è iniziata la comunità di Daybreak a Toronto, in Canada. Nello stesso anno ha aperto la comunità dell'Arca in India, a Bangalore". 

      

Essere amici nel bisogno d'amore: Jean Vanier racconta la sua esperienza  

 

"La prima cosa che ho scoperto vivendo con Raphael e Philippe è stata la profondità della loro sofferenza, la sofferenza di essere stati motivo di delusione per i loro genitori e il loro ambiente …

Avere un figlio con handicap è una sofferenza immensa; ma anche avere un handicap. 

 

Raphael e Philippe avevano un cuore incredibilmente sensibile.  Era chiaro che avevano bisogno di amicizia e di fiducia, bisogno di poter esprimere le loro necessità e di essere ascoltati.  Per troppo tempo nessuno aveva voluto ascoltarli, voluto o potuto aiutarli a fare delle scelte, a poter decidere della propria vita.  Avevano, però, esattamente gli stessi miei bisogni: bisogno di amare, di essere amati, di poter scegliere, di sviluppare le proprie capacità.   Non sono condizionate dalla cultura corrente o dalle mode.  Non guardano la funzione o il rango, ma vedono il cuore.  Non portano maschere: la gioia o l'ira sono evidenti sul loro volto. 

 

Vivono il presente e non nella nostalgia del passato o nei sogni del futuro.   Mi sono convinto che per diventare amico delle persone sofferenti di handicap dovevo fare, con l'aiuto dello Spirito di Dio nella preghiera di coloro che mi accompagnavano, tutto un lavoro su me stesso.  Dovevo scoprire il perdono e il mio bisogno di essere perdonato. Poco a poco, i poveri mi hanno aiutato ad accettare la mia povertà, a diventare più umano e a trovare una maggiore unità interiore".   

 

Il tempo della relazione e del crescere insieme

 

"Quando si vive con persone sofferenti di handicap mentale, non bisogna aver fretta. Bisogna darsi il tempo di ascoltarle e comprenderle. Esse non sono primariamente "efficienti": trovano la loro gioia nella presenza, nella relazione; il loro ritmo è quello del cuore.  Ci obbligano ad andare più lentamente per vivere anzitutto la relazione.

 

Ascoltare è prima di tutto un atteggiamento… significa non soltanto ascoltare le parole, ma anche il corpo.  La persona con handicap mentale si esprime più col proprio corpo che con una parola razionale. Bisogna essere attenti a questo linguaggio semplice e concreto per cogliere le sofferenze e le pene dell'altro, i suoi desideri e la sua speranza".   

 

La conoscenza del cuore  

 

"Quando si ascolta il povero con cuore aperto, senza pregiudizi, in lui si scoprono aspetti profetici. 

La persona con handicap mentale non può conoscere Dio in modo intellettuale o attraverso concetti astratti. Ma può capire che è amata.   Un bambino piccolo che si sente amato, è in pace; se avverte che non è voluto soffre. La sua conoscenza non è astratta, ma affettiva e concreta, passa dal cuore, il corpo e i sensi. Fatte le debite proporzioni, non è la stessa cosa per la persona con handicap mentale, soprattutto quando l'handicap è profondo?  La persona con handicap mentale è spesso più aperta alla presenza e alla comunione dei cuori; accetta Dio attraverso la pace, senza, talvolta, poterlo in-vocare. 

Per gli intellettuali è, a volte, difficile comprendere questa conoscenza affettiva, che considerano emotiva, di minor valore. Dimenticano che questa forma di conoscenza è la più primitiva, la più fondamentale in ciascuno di noi; è questa che ha formato le fondamenta della nostra psicologia, quando ci siamo sentiti amati o rifiutati dai nostri genitori.

E' questa che agisce quando ci innamoriamo".