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Sull’aereo che portava il Papa nel suo primo viaggio in Africa, rispondendo ad una domanda di un giornalista di France 2 sulla posizione della Chiesa riguardo il problema della lotta all’Aids e dell’uso dei preservativi, Benedetto XVI ha detto:

"non si può superare questo problema dell’Aids solo con slogan pubblicitari. Se non c’è l’anima, se gli africani non si aiutano con cure gratuite, non si può risolvere il flagello con la distribuzione di profilattici, al contrario, il rischio è di aumentare il problema".

Per battere l’Aids, come ha giustamento detto il Papa occorrono tre cose:

“cure gratis”

“una umanizzazione della sessualità” a tutela soprattutto delle donne,

“una vera amicizia per le persone sofferenti capace di sacrificio”.

Insomma, una sfida un pochino più complessa della sola distribuzione del preservativo.

"Penso che la realtà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà". Come il progetto DREAM della Comunità di Sant'Egidio. 

E' nota la reazione dei governi occidentali, Francia e Germania in testa, seguiti da una presa di posizione analoga da parte della Comunità Europea.

Vuoi vedere che il Papa argomentando con la forza della ragione e dell'esperienza di questi anni di lotta all'AIDS, ha toccato il nervo scoperto dell'Occidente: vendere! E realizzare profitti?

Alle pesanti critiche, ha risposto la Santa Sede con il portavoce vaticano, Padre Lombardi, che ha diramato un comunicato nel quale afferma che Benedetto XVI non ha fatto altro che ribadire "le posizioni della Chiesa cattolica e le linee essenziali del suo impegno nel combattere il terribile flagello dell'Aids: primo, con l'educazione alla responsabilità delle persone nell'uso della sessualità e con il riaffermare il ruolo essenziale del matrimonio e della famiglia; due: con la ricerca e l'applicazione delle cure efficaci dell'Aids e nel metterle a disposizione del più ampio numero di malati attraverso molte iniziative ed istituzioni sanitarie; tre: con l'assistenza umana e spirituale dei malati di Aids come di tutti i sofferenti, che da sempre sono nel cuore della Chiesa. Queste sono le direzioni in cui la Chiesa concentra il suo impegno non ritenendo che puntare essenzialmente sulla più ampia diffusione di preservativi sia in realtà la via migliore, più lungimirante ed efficace per contrastare il flagello dell'Aids e tutelare la vita umana".

Filippo Ciantia, rappresentante regionale dell’ong italiana Avsi per la Regione dei Grandi laghi e autore di numerosi interventi su riviste scientifiche, ha affermato che la posizione del Papa sull’Aids è "realista, ragionevole e scientificamente fondata". Parola di un medico che da anni si misura col problema in uno dei Paesi africani dove il virus ha colpito più duramente, l’Uganda, e dove le strategie di contrasto hanno portato a risultati molto significativi, fino a farne un modello.

"La strategia vincente di fronte al virus non può essere meramente sanitaria e farmacologica. Si vince tenendo conto di tutti i fattori che costituiscono la persona. I dati dimostrano che l’Aids è diminuito solo nei Paesi in cui si è lavorato per modificare i comportamenti sessuali e gli stili di vita delle persone, cosa che a sua volta deriva da un lavoro di informazione e educazione che coinvolge le famiglie, le donne, le scuole. È accaduto così in Kenya, E­tiopia, Malawi, Zambia, Zimbabwe e soprattutto qui in Uganda. Ma per ottenere risultati bisogna avere il coraggio di scelte forti, come hanno fatto da queste parti... ".

Leggi tutta l'intervista AIDS, Il successo dell'Uganda dà ragione al Papa

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