Pace e riconciliazione, ha chiesto Benedetto XVI, per l’India, per l’Iraq, per il Nord Kivu, al termine della Messa domenica 12 ottobre 2008 ed ha ribadito l’importanza della testimonianza cristiana in tutte le società.
“Vi invito a pregare per la riconciliazione e la pace in alcune situazioni che provocano allarme e grande sofferenza: penso alle popolazioni del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, e penso alle violenze contro i cristiani in Iraq e in India, che ricordo quotidianamente al Signore”.
Anche il Sinodo convocato in questi giorni a Roma in Vaticano ha trasmesso la sua vicinanza ai cristiani in Iraq
Sono centinaia le famiglie che sono state costrette a fuggire dalla città, nonostante il governo iracheno abbia dispiegato altri mille agenti di polizia. Migliaia di cristiani adesso alloggiano presso monasteri e conventi, oppure presso le chiese nel nord dell’Iraq.
“Ciò che è successo a Mossul in questi ultimi giorni non è gradito a Dio e all'uomo fedele alla sua patria e ai suoi fratelli”, ha detto il Patriarca di Babilonia dei Caldei.
“È un obbligo per noi figli dell'amato Iraq – afferma il Cardinale Delly – essere uniti in un cuore solo e fare tutto ciò che è nostro potere per il suo futuro nella virtù, nella carità e nella riconciliazione perché l'Iraq diventi una grande e unita nazione”.
“Per quattordici secoli abbiamo convissuto con spirito di tolleranza e fraternità, condividendo la vita e costruendo insieme la nostra amata patria – ha continuato –. Non dobbiamo lasciare che le forze oscure che vengono dall'esterno smembrino la nostra unità nazionale”.
“Chiediamo a Dio che nel nostro Iraq 'ferito', la terra dei nostri avi, ci sia pace e sicurezza – ha detto –. In questa occasione dolorosa invochiamo l'eterno riposo per le vittime innocenti di questa violenza e di questi attentati e offriamo le nostre sincere condoglianze ai loro cari”.
Parlando ai microfoni della “Radio Vaticana” padre Philip Najim, Visitatore apostolico per i fedeli caldei in Europa, ha affermato che “il problema di questi attentati, oggi, ai cristiani dell’Iraq, sono delle forze oscure che vogliono spaccare questa unità nazionale”.
La ragione alla base di queste violenze è quella di gettare il Paese nel caos: “Vogliono rallentare il processo di pace, vogliono spaccare l’unità del Paese; non c’erano, prima, queste divisioni, anche storicamente”.
“Tutti siamo iracheni – ha proseguito – , tutti abbiamo vissuto in Iraq, tutti abbiamo costruito l’Iraq insieme, a prescindere dalla fede; ognuno è libero di avere la sua religione, ma alla fine rimane questa nazionalità irachena che ha contribuito a costruire lo Stato”.
“Oggi ci sono queste forze che non vogliono questa stabilità, non vogliono la pace, non vogliono un Iraq prosperoso, e qui il popolo diventa la vittima e paga queste conseguenze – ha lamentato padre Philip Najim –; qui la politica è contro l’uomo, il popolo iracheno ha sofferto tantissimo e la comunità cristiana ha sofferto tantissimo”.
“Qui la comunità internazionale deve intervenire e deve difendere la dignità dell’uomo – ha esclmato –, aiutare questo popolo iracheno affinché riacquisti la sua identità, riacquisti la sua dignità, perché ha diritto alla vita, alle sue risorse per poter vivere una vita migliore”.
In una intervista invece al quotidiano “Avvenire”, l’Arcivescovo di Kirkuk, monsignor Louis Sako ha denunciato come inammissibile il silenzio su queste violenze ed ha detto che dopo Baghdad ora anche a Mossul sta diventanto teatro di una vera e propria pulizia etnica.
“A Mosul – ha dichiarato – è in atto una pulizia etnica simile a quella già avvenuta a Baghdad a suon di sequestri e uccisioni. In una settimana abbiamo contato dodici vittime cristiane”.
“Questa campagna di intimidazione – ha poi spiegato – potrebbe avere motivazioni confessionali come opera di estremisti, ma potrebbe anche essere una spudorata azione politicizzata per raggiungere certi obiettivi, quali l’emarginazione dei cristiani, o almeno costringerli a lasciare la città”.
L’Arcivescovo di Kirkuk ha poi sottolineato l'urgenza di “un discorso ecclesiale chiaro e unito”, che “deve dare voce forte ai cristiani, proteggerli dal punto di vista pastorale e permettere loro di esprimersi riguardo le tematiche nazionali”.
“Molti ci accusano di fare il gioco di una parte contro un’altra. Questo non è vero, ma è compito della Chiesa dirlo forte, gridare che siamo a favore di tutto l’Iraq e solo dell’Iraq”, ha concluso.
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