Dalla Newsletter n. 213 dell'Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan
a cura di Stefano Fontana
LAICITA’ ED ANALFABETISMO RELIGIOSO
Giuseppe Vacca è il Direttore dell’Istituto Gramsci, la storica istituzione di pensiero e ricerca della Sinistra italiana. Sull’ultimo numero della rivista “Reset” (marzo-aprile 2009), all’interno di una serie di contributi sulla laicità che, diversamente dal suo, ripetono stancamente cose già sentite, Vacca fa una constatazione di notevole interesse: accusa i “laici” (di sinistra) di analfabetismo religioso. La laicità della cultura diffusa la cui stampa di riferimento è il giornale “La Repubblica” - afferma Vacca – consiste esclusivamente nell’accusare il Papa di ingerenza e invadenza, qualsiasi cosa egli dica. Di conseguenza, secondo lui, «La prima cosa su cui varrebbe la pena di lavorare, ammesso che si convincano le leadership in senso ampio, è vedere come ri-alfabetizzare un popolo di cittadini democratici all’ascolto e alla comprensione dei linguaggi specifici delle religioni. Oggi non ci sono i presupposti minimali per capire i discorsi religiosi. Non si è capaci di capire il senso di quello che dice il Papa, il senso è il titolo de “La Repubblica”, e vale anche per le persone di alto livello culturale». Secondo Vacca la cultura progressista si è secolarizzata dall’ideologia approdando al liberalismo, ora bisogna fare un altro percorso per comprendere il linguaggio delle religioni.
Le osservazioni son condivisibili. La laicità è anche un fatto linguistico. Se il vocabolario espunge i significati delle parole religiose, di fatto si chiude alla vera laicità. C’è un pesante laicismo delle parole. L’ostracismo della religione passa prima di tutto per l’annullamento del suo vocabolario. Etienne Gilson diceva che Dio sarà veramente morto quando si sarà finito di parlarne. Ma Dio è morto già quando non si sa più il significato di parole come “peccato”, “anima”, “salvezza”, “sacramento”. Passavo giorni fa per una strada della mia città chiamata “Via Redentore”, e mi chiedevo quanti giovani, laici, leggendo la targa di quella via, avrebbero compreso il suo significato e se questa loro ignoranza fosse veramente richiesta dalla loro laicità.
Del resto, non c’è da stupirsi. Da molto tempo – qualche secolo ormai – le élites culturali hanno imposto un altro linguaggio. Illuminismo, Idealismo, Marxismo e Positivismo, pur nella grande diversità di pensiero, sono stati unanimi a relegare il linguaggio religioso nell’ambito del mito o del sentimento, destinato ad essere superato dal linguaggio della scienza. Nella scuola di oggi il linguaggio religioso è inesistente, completamente ignorato, oppure adoperato in modo improprio, spesso con finalità denigratorie. La scuola oggi, linguisticamente parlando, è irreligiosa. Come la grande stampa. Quanto Vacca dice de “La Repubblica” può essere ampiamente esteso, pur con lodevoli eccezioni.
Dal linguaggio religioso, però, è facile scivolare sul linguaggio morale. Non dimentichiamo che, come sosteneva Del Noce, la fede cristiana presuppone una metafisica. Perdendo il linguaggio religioso si perde anche la densità del linguaggio antropologico ed etico. Espressioni come “persona” o “bene comune”, nel loro significato metafisico, sono estranee alla cultura della laicità cui si riferiva Vacca. Lo stesso dicasi per le espressioni “famiglia”, “vita”, “natura”. Se la laicità non è in grado di comprendere più i termini religiosi, attenzione, essa non è in grado forse più di comprendere anche quelli antropologici o morali.
Sono d’accordo con Giuseppe Vacca soprattutto su un punto, che però forse è frutto di una mia conclusione e non del suo pensiero: una laicità che pretenda di trattare il tema religioso con un linguaggio laico non è laicità. Ne volete un esempio?
Al sito dell'Osservatorio la seconda puntata di questa riflessione in due tempi. |