Quando incontro qualcuno con cui ho un po' di confidenza "spirituale" gli chiedo, innanzitutto:
”Raccontami qualcosa di bello!”.
Più di uno si schermisce, rimane preso di contropiede … ma con questo “allenamento” alcuni hanno imparato a condividere le esperienze belle, a comunicarle in uno “scambio nella Fede” che accresce in loro l’arricchimento spirituale e in me la sensazione straordinaria di generarli nella fede.
Eccone alcune.
Qualcosa di bello …
Caro Don,
finalmente ho un pò di tempo in santa pace per scriverti qualcosa di bello...
Sai quando ti capita di conoscere una cosa, ma un giorno all'improvviso, ne capisci il significato più profondo?
E' quello che è capitato a me un sabato sera, venendo a messa (so che tu vuoi che andiamo a messa la domenica mattina, ed è una posizione che condivido anche io! Ma l'ho fatto per necessità, visto che il giorno dopo ho giocato la partita con la mia squadra a Ferno); dunque, sono stata a messa e il canto che ci è stato proposto al momento della Comunione è stato : QUANTA SETE NEL MIO CUORE.
"Quanta sete nel mio cuore: solo in Dio si spegnerà.
Quanta attesa di salvezza: solo in Dio si sazierà.
L'acqua viva che egli dà sempre fresca sgorgherà.
Il Signore è la mia vita, il Signore è la mia gioia
Se la strada si fa oscura, spero in lui: mi guiderà.
Se l'angoscia mi tormenta, spero in lui: mi salverà.
Non si scorda mai di me, presto a me riapparirà.
Nel mattino io t'invoco: tu, mio Dio, risponderai.
Nella sera rendo grazie: tu, mio Dio, ascolterai.
Al tuo monte salirò e vicino ti vedrò."
Ho davvero riscoperto un canto. Ho sentito che quelle parole cantate sono vere!
Le parti sottolineate sono quelle che mi hanno più commosso, sì perchè mi sono ritrovata a piangere mentre le cantavo...è stata una gioia immensa...il Signore non si scorda mai di me, quando invece io mi dimentico di lui più e più volte nella giornata; il Signore è la mia vita, è lui la mia gioia.
Non ci sono parole per descrivere emozioni di questo genere, che solo la fede ti può regalare.
Ci tengo a precisare che il merito non è mio: è il Signore che mi ha fatto dono della voce per rendergli grazie con il canto; è il Signore che mi ha toccato il cuore quel giorno durante la messa; è mia mamma che mi ha trasmesso la fede e mi ha insegnato a santificare la domenica...non riuscivo a capire come lei si potesse commuovere cantando i canti della messa, ora, invece, conosco quella sensazione e...quanto è bella!
Catechista degli adolescenti
Sono catechista da quattro anni in parrocchia, compito svolto inizialmente con mia moglie ed ultimamente con una ragazza della comunità. Quando ci è stato proposto di diventare catechisti degli adolescenti, abbiamo capito quale possibilità importante avevamo di vivere e trasmettere ciò che aveva cambiato la nostra vita e dato gioia: l’incontro con Gesù.
Da subito abbiamo rivolto un’attenzione particolare ai contenuti ed allo stile da mantenere nei loro confronti, facendo tesoro della nostra esperienza quando arrivammo in parrocchia.
Nei primi rapporti con la comunità fummo subito attratti e colpiti da due aspetti che poi scoprimmo essere basilari per noi.
Il primo fu il sacerdote con la sua accoglienza, il suo modo di porsi sempre aperto, disponibile, pronto all’ascolto con quello stile particolare (nuovo per noi) nel predicare che attualizza il vangelo e lo rende vita. Divenne subito un punto di riferimento importante per la nostra vita spirituale e non.
Il secondo fu la comunità, in particolare alcune persone che con il loro modo di essere e di agire catturarono la nostra attenzione. Avevano un modo nuovo di porsi, di vivere la comunità, la fratellanza. Era bello stare a dialogare con loro. Eravamo sempre in ricerca della loro presenza perché si stava bene, c’era un clima particolare che non avevamo mai sperimentato e dal quale non volevamo separarci.
In entrambi i casi la sensazione più importante che sperimentavamo era quella di sentirci amati ed accolti pienamente.
Dietro questa fame di ricerca, questi fratelli ed in particolare il sacerdote, ci hanno coinvolto in questa nuova vita facendoci scoprire il segreto che dietro si celava: Chiara e il suo Ideale.
Come per ogni scoperta che dà un senso nuovo all’esistenza, non volevamo trattenere solo per noi questo grande dono e nasceva sempre più il desiderio di condividerlo con altre persone.
La catechesi agli adolescenti, pur essendo estremamente difficile da approcciare e gestire, poteva essere vista anche in questa prospettiva.
Andare a loro con la luce dell’Ideale, con la sapienza generata da Gesù in mezzo poteva e può cambiare il modo di essere catechisti e di fare catechesi.
Ora che mia moglie fa la mamma a tempo pieno e quindi non può essere presente fisicamente, lo è sempre con la sua unità dichiarata prima di ogni incontro, ed anche con la ragazza che mi affianca, pur se non conosce la spiritualità di Chiara Lubich, si riesce sempre a realizzare la tensione all’unità.
Un anno affrontando il tema di “Gesù nel fratello”, all’inizio di ogni incontro, noi catechisti abbiamo incominciato a raccontare piccoli fatti accaduti durante la settimana, nei quali ci si sforzava di vedere Gesù nell’altro. Dopo le iniziali e comprensibili difficoltà e ritrosie, il coinvolgimento dei ragazzi fu positivo. Anch’essi in qualche occasione si ricordavano di vivere con questa tensione ed iniziarono a raccontare alcune loro esperienze.
Un ragazzo che pratica nuoto agonistico, racconta che un suo compagno non può entrare in piscina quel giorno perché ha dimenticato le ciabatte. Prontamente senza pensarci due volte gli presta le sue.
Un altro racconta che vedendo una signora al supermercato in difficoltà con il carrello, avendo perso parte del carico, si rende subito disponibile ad aiutarla.
Una ragazza, visto che la sua compagna a scuola non ha il tramezzino per la merenda, condivide quella che ha.
Certo non è facile, ma dà gioia!
Il farsi uno con loro rende il nostro rapporto più intimo, fraterno.
Una sera abbiamo invitato a cena 17 adolescenti!
In un’altra occasione due di loro vengono da noi per risolvere dubbi sulla morale sessuale.
Un giorno si presenta da noi una ragazza, è in lacrime, disperata. La accogliamo prontamente. Dice di aver perso la pace: ci confida di aver frequentato con alcune amiche, sedute spiritiche. Dopo averla ascoltata le facciamo comprendere che non bisogna andare a soddisfare la nostra curiosità in ambiti poco chiari e pericolosi, ma che solo il rapporto con Gesù dà la pace vera e la felicità. Con la massima delicatezza le consigliamo di riconciliarsi con Gesù al più presto.La rivediamo dopo pochi giorni, ha riacquistato la pace con il sacramento della riconciliazione.
Riceviamo una lettera da un’altra ragazza: ci ringraziava per il nostro esserci e perché siamo sempre sorridenti.
L’anno scorso in alternativa ai “soliti” argomenti da loro proposti (droga, amore, amicizia, ecc.) abbiamo deciso di riprendere i “dieci comandamenti” perché poco conosciuti e soprattutto poco seguiti Ad ogni comandamento è prevista una spiegazione ed una attualizzazione attraverso una testimonianza di vita. "Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio fuori di me" sollecitava me e mia moglie a raccontare il nostro incontro con Dio Amore.
Quando, alla catechesi, abbiamo iniziato a raccontare la nostra esperienza, come al solito il clima era abbastanza spumeggiante: cellulari accesi, chiacchere a non finire e distrazioni varie non aiutavano di certo a creare un clima di ascolto reciproco. Incominciamo tuttavia, dopo i saluti, a parlare e pensando di coinvolgerli maggiormente, inizio a fare qualche battuta divertente sul nostro fidanzamento. Questo modo di affrontare la situazione ha invece generato ulteriore distrazione.
Ci siamo subito resi conto che stavamo sbagliando, non era quello che dovevamo donare. Dovevamo tenere alto il livello dell'incontro, aver fede nella loro capacità di comprensione e soprattutto in Gesù che è in ognuno di loro. Ci siamo riaffilati entrambi sottovoce a Gesù e, senza tener conto della loro distrazione, abbiamo raccontato la nostra esperienza sicuri che avrebbero ascoltato e capito. Alternandoci nel racconto, abbiamo loro donato come attraverso esperienze dolorose fatte in quel periodo, siamo arrivati all'incontro decisivo con Gesù. Poco dopo, il silenzio era profondo e il loro ascolto attento e partecipato. Sono seguite domande e loro riflessioni. Nessuno aveva più voglia di tornare a casa!
La stessa sera e nei giorni seguenti alcuni dei loro genitori ci hanno fermato per domandarci cosa fosse successo perché mai avevano visto tornare a casa i loro figli così entusiasti e desiderosi di raccontare ciò che avevano appena vissuto; alcuni di loro sono riusciti addirittura a far spegnere, durante la cena, il televisore per poter condividere con i genitori la loro "catechesi".
Per noi è stata una lezione importante: fidarsi sempre di Gesù in mezzo a noi e di Gesù in loro!
Date e vi sarà dato
Nei giorni scorsi, ho ricevuto un rimborso in danaro dopo la rescissione di un contratto. Pur non essendo una cifra elevatissima, pensavo a cosa avrei potuto acquistare per me o per la mia famiglia. Mi sono ricordato, però che da tempo volevo fare un’offerta ad una associazione che aiuta tantissime persone in Italia e nel mondo. Non ho avuto più dubbi, mi sono diretto alla Posta e ho fatto il vaglia, con tanta gioia dentro per aver donato ad altri ciò che in realtà per me non era assolutamente necessario. Dopo tutto Gesù stesso ci dice che ogni cosa che facciamo ad un fratello l’abbiamo fatta a Lui!
Il giorno seguente vado con i bambini a casa di mia mamma e … sorpresa! Per me c’è un regalo da parte di mio fratello: una camicia ed una polo nuove proprio della mia misura che aveva acquistato per sè ma, stranamente, sbagliando taglia. Subito il mio pensiero va a Gesù che sempre è di parola: date e vi sarà dato!
Settimana Santa
È una Settimana Santa particolare, forse la prima in cui “VIVO” sulla pelle alcune esperienze descritte nei Vangeli letti in questi giorni.
Sono in Ospedale, dove è ricoverata una persona a me cara, anziana sì ma ancora vitale. È da 15 giorni che la stanno sottoponendo a trasfusioni ( che l’aiutano a ristabilire i valori ematici corretti) e ad esami su esami (alcuni, i più invasivi, non possono nemmeno portarli a termine per le sue sofferenze) per arrivare ad una diagnosi che spieghi le perdite ematiche di cui soffre.
Finalmente giovedì arriva la diagnosi: cancro trasversale al colon con metastasi al fegato. Siamo preparati ad una diagnosi di questo tipo, ma la sofferenza umana per la perdita (anche se non immediata) di una persona amata ci fa soffrire.
I medici prospettano un intervento, motivandolo con un possibile rischio di blocco intestinale.
Noi esprimiamo con forza i nostri dubbi e alla fine ci opponiamo decisamente: quello che chiediamo al Signore è che lei possa morire in modo dignitoso, circondata dal nostro affetto e soffrendo il meno possibile. È arrivata a 93 anni ed ogni giorno è un regalo.
I medici ci colpevolizzano, dicendo che come al solito la famiglia non collabora.
All’inizio la cosa non mi spaventa, poi, ripensandoci, mi sento davvero come se stessi togliendo ad un essere umano la possibilità di vivere. Alla sera mi sento quasi un mostro. Con questi sentimenti vengo alla Messa in Coena Domini: continuo a pensare alla mia situazione e non so cosa sia giusto. Durante l’omelia don Ambrogio dice che dobbiamo chiedere i miracoli, come ha fatto Gesù nell’Orto degli Ulivi.
Allora mi chiedo cosa significhi per me: capisco che il miracolo sarebbe che lei fosse tranquilla (nel pomeriggio era infatti agitata e perfino sconvolta sia dalla notizia delle dimissioni, arrivata inaspettata per lei, perché si accorge che comunque non l’hanno “guarita” come si augurava, sia dall’ipotesi di un intervento). Devo ammettere che lo chiedo senza troppa convinzione, mentre mia mamma ha il coraggio di dire: “Ho chiesto a Lui di fare il meglio per lei”. Purtroppo, io ho ancora il vizio di voler “pilotare” gli interventi del Signore.
Al venerdì, in Ospedale troviamo un’altra persona: tranquilla, felice di tornare a casa e di non dover subire altri esami dolorosi o peggio l’intervento. Non mi spiego cosa sia successo. Poi la mamma mi dice: “Hai visto che Dio li fa ancora i miracoli?”. Oltretutto, prima delle sue dimissioni, anche i medici del Reparto ci confidano che dopo aver esaminato in dettaglio la cartella clinica, sono arrivati alla conclusione di non operare.
È il Venerdì Santo e per la prima volta in vita mia sono in un ospedale; in nessun posto come qui si tocca con mano la sofferenza e la fragilità umana. Ho meditato poco in questi giorni, se Meditazione è solo quella “canonica” fermi in silenzio davanti al Tabernacolo, ma ho vissuto davvero il passaggio dalla disperazione del Venerdì santo alla gioia della Resurrezione. Forse quest’anno il Signore mi chiede un altro tipo di preghiera: la condivisione (anche se in minima parte) delle sue sofferenze.
Non dimenticherò mai questi giorni. Sento quasi fisicamente la presenza di Gesù. È davvero Pasqua per me e la mia famiglia.
Il mio Dio è il Dio dell’Amore
Carissimo don Ambrogio, è da un po’ di tempo che non le scrivo. È un po’ che non le parlo di me, dei miei pensieri, della mia famiglia, del mio stato d’animo. Non è stata la pigrizia a trattenermi, ma ho aspettato che prima in me maturassero alcune sensazioni importanti, che solo adesso mi sento pronta a comunicarle.
Prima di tutto voglio dirle che sono serena e questo mi aiuta molto ad essere equilibrata nelle scelte e nelle decisioni della vita quotidiana, anche se una celata tristezza mi fa sempre compagnia, ed ho la sensazione di aver perso qualcosa di caro e prezioso e di non riuscire più a ritrovarlo. È per questo che in questi giorni di Passione voglio donare al mio Gesù questa mia complessa, misteriosa, inafferrabile tristezza, che solo Lui sa accettare, confortare, capire.
Come lei sa, è dal mese di maggio che mio marito vive da solo. Qualche volta ci siamo anche incontrati, a casa sua, con i nostri figli e qualche volta abbiamo anche cenato insieme. La prima volta che sono andata a casa sua è stato in occasione dell’onomastico di nostro figlio .
È stato per me un incontro molto emozionante, ho trovato mio marito in lacrime, in preda allo sconforto. Ho cercato di confortarlo, offrendogli il mio aiuto, la mia disponibilità, ma lui è orgoglioso, fragile, confuso, triste….e i problemi in cui si è cacciato vuole risolverli da solo. Non mi ha detto quali fossero, in concreto, i suoi problemi. Per certo so che ha contratto dei debiti da cui, recentemente, ho saputo sta venendo a capo.
Sa di aver sbagliato, di aver commesso tanti errori, però non mi ha chiesto scusa per quello che ha fatto, ma non importa… mi ha chiesto di aver pazienza e di aspettarlo…E cosa potrei fare, lo avrei fatto comunque, anche se non me lo avesse chiesto. Ma gli errori non sono ancora finiti: la sua ex compagna, da quando l’ha lasciata, soffre di crisi depressive e ancora lo cerca.
Non provo per lei odio, mi fa solo tanta pena. Non la conosco né ho mai cercato di farlo. So per certo che quando prego, senza volerlo, nei miei pensieri, insieme a tanti, c’è anche lei. Nel comportamento di mio marito vedo tanta immaturità, ma nello stesso tempo provo per lui tanta tenerezza. In uno dei nostri incontri mi ha detto: “Ce l’ho con il mondo intero”.
Mi ha molto colpito e rattristato questa frase. Il mondo intero non è qualcosa di astratto, di immobile, di statico…ma è ciò che noi tutti, col nostro operato, con le nostre passioni, con i nostri ideali, vogliamo che sia. Di una cosa sono certa: a mio marito non farò mai del male. Pur non vivendo con lui, gli sarò sempre vicina. È lui il compagno che mi sono scelta: nessun’altra donna potrà mai annullare e cancellare tutto questo.
Qualcuno trova poco dignitoso questo mio comportamento, ma che importa…la cosa non mi tocca… ho un concetto ben diverso della dignità. Nonostante tutto lo amo ancora molto. Inizialmente ho pregato Dio perché mi aiutasse a dimenticarlo, persino ad odiarlo…
Ma il mio Dio è il Dio dell’amore, come poteva ascoltare la mia preghiera che andava nella direzione sbagliata… Dio mi ha aiutato a guardarmi dentro, a sviscerare, a scavare e a trovare un amore diverso, che se fossi rimasta in superficie non avrei mai trovato. È Lui che ha preso il mio cuore nelle sue mani…lo ha plasmato, riscaldato….
Che merito avrei se amassi qualcuno che mi ricambia con lo stesso mio stile…Gesù non ha forse amato tutti, anche chi lo ha deriso, offeso, oltraggiato, tradito, messo a morte! Sento che prima o poi mio marito tornerà da me, ma non è questa la cosa che più desidero. Vorrei invece che cambiasse, che imparasse ad amare in modo diverso…e che soprattutto nel suo cuore riuscisse a scoprire la presenza di Dio….
Amando Lui, amerebbe il mondo intero …le cose che lo circondano, i sentimenti, la vita stessa avrebbero un significato diverso…la sessualità assumerebbe un colore, una dimensione nuova, non riduttiva, non finalizzata all’attrazione fisica o ad un’esplosione di ormoni…ma alla fusione del proprio essere (inteso come “io” profondo) con l’altro essere, in tutta la sua interezza, in tutta la sua tenerezza, in tutta la sua passione.
In questa mia vicenda familiare mi aspettavo una partecipazione più attiva da parte dei mie figli, ormai sono grandi …ma nessuno dei due riesce a stabilire un dialogo intimo, profondo col papà. Vorrei che i loro discorsi non fossero convenzionali, banali, superficiali…mi piacerebbe che mettessero a nudo la propria anima …che esprimessero liberamente i loro pensieri, i loro sentimenti…cosa che con me fanno abbastanza spesso con semplicità e schiettezza.
Questo è per me un regalo molto bello. Mio figlio mi scruta continuamente, con attenzione, quasi volesse leggere i miei pensieri e mi chiede continuamente: “mamma cos’hai?” e poi mi abbraccia e mi ripete con insistenza che mi vuol bene.
Alcuni giorni fa mi ha detto che per me recarmi in Chiesa è diventato un obbligo. Gli ho spiegato che le cose stanno diversamente: non è un obbligo, per me è diventata un’esigenza, una dolce, appagante esigenza di vita, spero tanto che un giorno, non lontano, possa diventarlo anche per lui.
In questo mio cammino di fede, devo dire che lei, don Ambrogio, facendosi interprete della parola divina, mi ha aiutato moltissimo, perciò le dico grazie…grazie di cuore.
Venerdì di Passione
All'inizio della settimana Santa ho chiesto un pomeriggio di ferie per il venerdì santo, volevo esserci alla Passione di Gesù. Avendo chiesto, per motivi organizzativi di ufficio, tre ore di permesso, sono uscita anche 10 minuti prima dell'inizio della pausa pranzo e mentre uscivo salutavo i colleghi e auguravo loro Buona Pasqua. Qualcuno mi ha chiesto se ero in partenza ed io ho risposto che no, sarei rimasta a casa per Pasqua, solo era Venerdì Santo. La libertà che ho provato in quegli istanti è difficilmente descrivibile. Sono tornata a casa in auto ma è come se avessi avuto le ali.
Il venerdì pomeriggio da me viene una donna per le pulizie: mi è venuto in mente che non le avevo detto di “saltare” quel pomeriggio. Ho deciso che al suo arrivo l'avrei lasciata libera, ma poi ho considerato che non sarebbe stato proprio giusto fare in quel modo, lei lavora per bisogno. Come fare? Tra l'altro non ero nemmeno sicura che avrebbe compreso il mio desiderio di essere libera io e lasciar libera lei per andare alla funzione del Venerdì Santo. Poi ho realizzato che anche lei era una lavoratrice dipendente come me, avrei potuto offrire anche a lei la possibilità di un permesso di lavoro e poichè i miei permessi sono retribuiti, ho deciso all'istante che appena fosse arrivata le avrei detto della mia decisione di lasciarla libera pagandole ugualmente le ore pattuite.
Così ho fatto: lei, sentendo le mie decisioni e le mie motivazioni, si è mostrata contenta ed ha aggiunto:"Che bello, posso andare a fare una passeggiata, o a comprare qualcosa nei negozi".
Ho provato un po' di delusione per quella risposta ma ho fatto finta di niente. Le ho offerto un caffè prima di lasciarla andar via, così abbiamo parlato un po' del più e del meno. Poi, nel salutarla, sulla porta di casa le ho detto:"Se posso darle un consiglio, vada anche lei in Santuario, la funzione della Passione di Gesù è veramente bella, i negozi saranno ancora aperti poi". Lei ha risposto che poteva essere un'idea.
In Santuario eravamo davvero in tanti venerdì pomeriggio, così per la calca che c'era ma, soprattutto per la bellezza e intensità della liturgia, ho dimenticato quanto era successo in precedenza.
Al termine della funzione, tutti siamo passati a baciare Gesù. E tra le ultime persone, ho visto che c’era anche lei a chinarsi e baciare Gesù: ho sperimentato davvero che la nostra fede è anche credere allo Spirito Santo che è in noi.
Fede o … religione?
Ciao don, voglio raccontarti una piccolissima esperienza che ho fatto stamattina in Santuario, piccolissima ma che mi ha dato tanta luce. Hai ragione ad insistere, come ultimamente hai iniziato a fare, sul vero problema del cristiano d'oggi: lo "scambio" tra fede e religione.
Ma vengo subito all'esperienza, così capirai. Stamattina sono entrata in Santuario, ho raggiunto il "mio" (!!!) posto e mi sono inginocchiata per salutare, io credevo, Gesù. Poi ho rivolto una preghiera alla Santissima Trinità ed una a Maria. Sono rimasta in ginocchio forse un po' più del solito, ero molto concentrata, ho fatto tutto per bene. Riferisco questi atteggiamenti con convinzione, avevo proprio la sensazione di aver fatto la mia preghiera iniziale e personale bene, anzi meglio del solito, concentrata più del solito ... quando mi sono poi seduta in attesa che iniziasse la S. Messa ho avuto un sussulto: ho guardato di nuovo al Tabernacolo ed ho capito!
Ho chiesto immediatamente scusa a Gesù ... in tutta quella perfezione di atteggiamento devoto e di preghiera, credevo di averlo "riconosciuto" e salutato ma non era accaduto. Mi è bastato allora dirgli un "Ciao, Gesù" ma vitale, detto ad una Persona viva, ad una Presenza reale, a Lui veramente nel Tabernacolo in attesa che io arrivassi ed ho capito come può essere sottile e pericolosa la devozione.
E per tutta la giornata questo fatto, banalissimo, mi ha accompagnato, mi ha tenuto compagnia durante la pausa che una volta era del pranzo ma che adesso è davanti a Gesù Eucaristia esposto dalle Benedettine Adoratrici, ed ho ricavato tanta luce, ho approfondito quanto ci dici da un po' di tempo.
Ogni uomo ha bisogni naturali che cerca di soddisfare, tra questi c'è anche quello della dimensione religiosa e il rischio è che, soddisfatto questo bisogno, uno si senta a posto anche sul versante della Fede. Ma così non getta ponti verso il Soprannaturale, che è pur sempre Dono di Dio: se uno non ci riflette mai, forse non sarà pronto a cogliere gli inviti che Dio gli rivolge per farlo entrare in questa dimensione, del soprannaturale.
Ho allora ringraziato Dio per la scossa del mattino e spero non me ne faccia mai mancare.
La preghiera, come tutto ciò che riguarda il mio rapporto con Dio Trinità, è INCONTRO, se non c'è questa realtà non c'è nulla.
Grazie e arrivederci.
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