Christiane: “Mio nonno era un nazista. Lo chiamavamo 'Schreibtischtäter'. In famiglia si diceva che non aveva fatto altro che stare seduto alla scrivania e scrivere. Inoltre era completamente tabù parlare di ciò che aveva fatto”.
John: “Ciò che so di Auschwitz è che fu probabilmente il culmine di molti programmi di sterminio degli ebrei”.
Ohad : “Il potenziale di disumanizzazione dell'altro è lì presente. Poiché i miei amici tedeschi ed io non siamo così differenti. Anch'io potrei essere un nazista”.
Nel 2006, un gruppo di 50 persone si è radunato a Cracovia, in Polonia, in preparazione di una settimana di esercizi spirituali interreligiosi tra i campi di sterminio di Auschwitz/Birkenau.
Come si può trovare pace e tranquillità in un luogo di morte e distruzione? Eppure, lì ogni anno a novembre, persone di fede e provenienza diverse si ritrovano per trascorrere 5 giorni di meditazione, silenzio, preghiera e celebrazioni.
Perché la gente partecipa a un ritiro spirituale di questo tipo? Quali sono le loro speranze, le loro attese, le loro paure? Come li cambierà questa settimana...se li cambierà?
Bruce: “Nel cuore di questa oscurità, con voci diverse, in diverse lingue, iniziamo a pregare per coloro che sono morti, per i quali nessuno poté recitare il Kaddish... Il Kaddish ripristina l’estrema dignità che un essere umano ha di fronte a Dio, una dignità che a nessuno può essere rubata”.
John: “Credevo di essere io ad andare ad Auschwitz, invece, nell'aprire il mio cuore, credo di aver fatto sì che Auschwitz venisse da me.”
Christiane: “Cosa ho imparato realmente? Poiché se veramente amo me stessa, senza condannarmi, e sono in pace con me stessa, questo è il solo modo per amare gli altri, per pregare, o per essere in contatto con questo luogo e con ciò che è avvenuto”.
Ohad: “Qui vita e morte coesistono, e vi è l’impegno di servire Dio attraverso entrambe. Ma io lascio questo posto con amore”.
Bruce: “Abbiamo imparato qualcosa da Auschwitz? Abbiamo imparato qualcosa da Birkenau? Abbiamo imparato qualcosa dall’Olocausto? Perché ancora adesso, nella nostra società, sono i più vulnerabili a subire?”.